venerdì 30 dicembre 2011

IL GOVERNO DELLA SPERANZA

La manovra  è stata approvata ed il primo pericolo imminente è stato bloccato;  il Parlamento ha travato una sua quadra e l’anno che si chiude consente un respiro di sollievo al Prof. Monti  ed al suo Governo che già per fine anno annuncia le  prossime misure integrative  e di completamento che dovranno fare emergere sviluppo, crescita e incremento dell’occupazione.
Il Presidente Napolitano è certamente il primo a sperare nella continuità di questa azione e nel messaggio di fine anno  auspicherà certamente la conclusione naturale della legislatura e il superamento  della inconcludente conflittualità fra le forze politiche e sociali. Ma chi veramente si illude nella speranza  sono i partiti, o meglio, quelle rappresentanze aggregate pseudo- personali che si atteggiano a fare “partito” e che scodinzolano nel nostro panorama istituzionale. I  leaders e i vari capi! responsabili di corrente o di gruppi, vedono nella futura  attività parlamentare e nella auspicata concertazione la panacea per risorgere dalle ceneri del Governo Berlusconi e dai guai della prima repubblica, nell’idea di  proporre e/o condizionare l’azione dell’esecutivo tecnico con l’illusione  di supportarne l’andamento dall’alto della navigata esperienza   e capacità( dicasi interessi e pressioni lobbistiche). Sarà interessante vedere quante scomposizioni  e ricomposizioni la casta nostrana sarà in grado di inventare  per escogitare tutti i riciclaggi possibili. Ci attendono  incontri mediatici  con o senza invito; quanti strateghi, economisti, giuslavoristi, politici di rango, di razza, di mestiere, ex ministri, senatori e onorevoli trombati, sindaci, e quant’altro, tutti alla ricerca di una candidatura, della promessa di un incarico per non scomparire, per non uscire dal comodo lauto mondo del potere. Ma la speranza più grande proviene  dai ranghi sindacali, unitari per l’occasione; avendo scompostamente  perduto quel residuo di credibilità nelle recenti fandonie di supporto alla manovra strombazzate nelle piazze e giustamente inascoltate da tutti i tecnici dell’intero esecutivo, ora mugugnano con la coda fra le gambe e sperano di essere sentiti  come ai vecchi tempi, anche su  questioni che non sono nella loro diretta incombenza. Mentre farebbero cosa saggia a riprendere il giusto  spazio abbandonato della difesa dei diritti e dei doveri dei lavoratori preparandosi alla sfida del nuovo rapporto di lavoro, lasciando alla politica, all’impresa  e a chi governa  il compito di scegliere  e proporre le strategie di prodotto e di mercato; il lavoro và difeso non solo nei diritti, ma in tutto il suo  complesso dinamismo di qualità, quantità  e responsabilità, finalizzato al  suo mantenimento evolutivo come  richiesto dall’attuale sistema globalizzato. Insomma tutti speriamo nell’azione e prosecuzione del Governo Monti, che per intanto và ringraziato per aver messo a nudo l’inutilità ed i limiti degli attuali partiti e la  grossolana vetusta azione delle parti sociali. Nel nuovo anno la società civile, i lavoratori, i cittadini di buona volontà dovranno rileggere con attenzione la Carta Costituzionale per provvedere  alla bisogna e ricostituire gli organismi di rappresentanza liberati della casta, forti nell’etica, nella giustizia e nelle responsabilità, per la gestione necessaria del bene comune.    

domenica 18 dicembre 2011

MEDIAZIONI E CONSENSI

Annunciando l’avvento dell’incarico conferito   al Senatore Monti, molto semplicemente abbiamo parlato di Governo Fiduciario, perché  prevedendo  la totale inaffidabilità e inininfluenza dei partiti e dei sindacati alle scelte tecniche del nuovo Governo, la società civile si è affidata al medico per le cure  e per le terapie necessarie  per salvare il Paese dal sicuro default. E’ perciò necessario non incrinare questo stato di affidabilità ; il Governo deve mantenere questo rapporto fiduciario e non può cedere a mediazioni né a spinte di consenso da qualunque parte vengano.  I ministri devono mantenere  rigidamente e senza paura il rispetto dell’impostazione risanamento-equità e sviluppo che il Governo si ha dato;  evitando in assoluto di privilegiare le diverse spinte corporative e gli interessi lobbistici di parte che possano malcelare  possibili disegni e/o prove di futuri aggregati di potere. Il cittadino è ben in grado di valutare se  ai sacrifici richiesti  corrispondono rigore, equità e giustizia e sa apprezzare se gli  effetti  dello sviluppo che possono determinarsi porteranno ad una crescita del bene comune. Compito della società civile in questa fase è non cadere nella lusinghe di chi surrettiziamente difende la conservazione dei privilegi e impedisce il rinnovamento e la crescita del paese o di chi pretende impunemente ed a volte con arroganza di riproporre aggregazioni eterogenee e strumentali per  determinare posizioni maggioritarie pseudo-innovative  che rimescolano semplicemente il solito mazzo di carte.  Non si ha più il senso della realtà; non ci si rende conto che  la partita è cambiata e questo è il tempo della responsabilità; che il paese ha un Governo fiduciario che non è stato chiamato  per ricreare una nuova immagine ai partiti e/o alle parti sociali, né consentire alla Lega di vaneggiare e alla sinistra di recuperare le perdite; continuare in questo confronto significa fare emergere le concrete capacità di intercettare i bisogni e le vere emergenze sociali, mettendo a nudo gli egoismi  e i volti veri delle scelte fin qui operate. E’ inutile agitare le piazze, le posizioni vanno assunte in Parlamento e sono sotto gli occhi di tutti. Il  Governo piuttosto dovrebbe  ascoltare anche  la società civile attraverso una sua “gabina di regia”e monitorare attentamente il pensiero dei cittadini onesti, professionisti, operai, intellettuali, provenente dalle diverse parti del paese per  verificare l’efficacia e la compatibilità delle misure da prendere e delle scelte da fare, soprattutto in relazione al distacco reale della società rispetto agli atteggiamenti ed alle scelte di volta in volta  platealmente rivendicate dai partiti a nome dei cittadini. Da ciò emergerebbe  che la  pur pesante  e sofferta manovra in fase di approvazione rielaborata dal Governo, non poteva escludere quelle misure  in materia di  liberalizzazioni e di cambiamenti strutturali prima ritenuti necessari. Cedere al ricatto o alle pressioni lobbistiche può incrinare questo rapporto fiduciario che oggi è tanto più necessario, per dare massima autorevolezza all’azione del Governo Monti in Europa e per  ridare nuovo vigore alla partecipazione dei cittadini alle prossime azioni che il Governo adotterà in materia economica e di sviluppo.

Sembra molto efficace e da sottolineare quanto ha detto l’On. Tabacci nel suo intervento sulla manovra in Commissione Bilancio e Finanze alla Camera il 13 dicembre scorso : “Da parte mia, dunque, c'è il riconoscimento delle riforme strutturali, in materia sia previdenziale sia di finanza locale, ma vorrei richiamare alla sua attenzione, concludendo, il tema del rilancio delle liberalizzazioni, sul quale ho notato alcune incertezze.
L'esperienza di questi anni dimostra che, se noi cominciamo solo a tagliare il salame, che è il sistema economico incrostato dalle diverse consorterie e corporazioni, se noi -dicevo -, minacciando di tagliare il salame, tagliamo solo le prime tre fette, automaticamente determiniamo la coesione degli interessi più disparati, i quali si coalizzano e impediscono il raggiungimento di qualsivoglia obiettivo in questa direzione.
Il salame va tagliato tutto! Le date possono essere anche diverse, ma non può maturare nel Paese la sensibilità che tutto ciò che si fa è strumentale; che adesso si toccano i tassisti, ma poi questi metteranno in piedi una reazione, a seguito della quale saremo costretti a tornare indietro. Lo stesso discorso vale per i farmacisti e domani varrà per le altre categorie.
Il salame va tagliato tutto e il prossimo provvedimento, secondo la mia opinione, deve prevedere ogni fetta con un suo nominativo, cioè una serie di misure per ciascuna corporazione che deve essere messa nelle condizioni di non nuocere, perché, se vincono le corporazioni, perde il Paese e il Paese, per vincere, ha bisogno di battere le corporazioni”.