giovedì 20 febbraio 2014

LA CASTA VINCE ?

Uno due tre: casta vince casta perde!  Quale casta sceglie?  Il  nuovo Governo imposto dal PD di Renzi riecheggia il vecchio gioco delle tre carte, una volta in uso nelle fiere e nelle feste paesane meridionali,  dove i tre compari allestivano il banchetto per il piacere degli allocchi, regolarmente perdenti. Qui non si capisce bene chi vince o chi perde, ma certo l’immagine del paese non  trae alcun beneficio da questa staffetta anomala fra le giovani espressioni del  partito più democratico.
Altre volte abbiamo detto che lo stile non è acqua, ma cacciare un governo, in nome dell’ambizione personale di un soggetto o di una corrente di  partito, per fare una repentina sostituzione dei  figuranti e degli attori, che stile è? Quello di non lasciarsi scappare le cinquecento poltrone di sottogoverno da assegnare?  O lo stilnovo dell'ala sinistra di sparigliare le resistenze centriste e rottamare i rottamatori?
Ragazzi!  Bersani alle primarie non ha  cacciato nessuno! Ha cercato di scompaginare i grillini,  ma quello era un altro film. Ciò che resta in ogni caso è la vittoria della casta; con l’operazione Renzi  si consolidano le posizioni in tutti i ranghi di destra, di sinistra e centro  e si allontana  anche il pericolo d’uscita dai banchi di Montecitorio per le matricole  ultime arrivate.
Questa operazione gattopardesca di defenestrazione di Enrico Letta, poco gradita a molti militanti e non, ricorda la decisione dei primi anni novanta di chiudere l’Agenzia per lo sviluppo del Mezzogiorno che aveva sostituito la vecchia Cassa. Poche menti attorno ad un tavolo rotondo interrompevano il processo di sviluppo delle aree meridionali, bloccando l’economia dell’intero  mezzogiorno; mentre nelle aree più ricche del paese correva la ristrutturazione  e riconversione industriale, si fermavano le infrastrutture, il decollo delle zone industriali, invertendo un processo appena avviato con le prime iniziative dell’indotto, artigianali e nei servizi, nonché paralizzando lo sviluppo delle zone agricole, irrigue e non. Quale fu anche allora il ruolo dei poteri forti, delle lobby  e concentrazioni economiche e finanziarie?  Venne  proposto da un comitato referendario coordinato dal Prof.  Massimo Severo Giannini un referendum tra quelli chiamati " antipartitocratici"  per l’abolizione dell’intervento straordinario Fu convalidato dalla Corte di Cassazione e interrotto poi dalla stessa Cassazione  con  un Decreto delegato del Parlamento che segnava, con il 15 aprile 1993,  la fine dell’intervento straordinario nel mezzogiorno e  l’avvio di un regime transitorio per tutto il pregresso, con un nuovo sistema di agevolazioni, esteso a tutte le aree depresse  del territorio nazionale. Venivano così trasferite le varie  competenze, con le rinnovate le modalità di intervento ordinario per le aree depresse di tutto il territorio nazionale,  alla burocrazia  dei diversi Ministeri  e le opere alle singole Regioni. Erano i tempi di tangentopoli, di   “Roma ladrona” della Lega di Bossi che  assunse la  bandiera immeritata ed esteriore della fine dell’intervento straordinario, voluto in realtà dai partiti  di allora( DC e PSDI contrari,   favorevoli PLI, PRI, PDS, Radicali e Verdi e PSI) che trasferirono di fatto i danni sulle classi lavoratrici da loro stessi  rappresentate.
Oggi in Sardegna grande affermazione del PD, un primo effettino Renzi lo ha avuto nella spinta alla vittoria del Prof. Francesco Pigliaru, docente di Economia e Prorettore dell’Università di Cagliari, alla guida della Regione, che avrebbe comunque raggiunto il risultato per suo merito; per fortuna “l’uomo” con le sue qualità e valori si distingue e rimane  ancora al  centro dell’apprezzamento sociale. Una vittoria importante se si pensa alla prevedibile grande astensione che ha visto un sardo su due ad esprimere il voto,  non tanto per la scelta del Movimento 5 stelle di abbandonare il campo, quanto per la miriade di modestissime liste e listerelle che hanno di fatto reso confusionaria la breve campagna elettorale, povera di reali prospettive e idee di cambiamento. La casta dunque, esclusa quella vendicativa della destra che ha fatto il flop, in tutta la sua presenza di carrierismo e vetustà riuscirà a connotare il nuovo Consiglio regionale, anche nelle prime previsioni di Giunta? 
Unico dato significativo paradossale” l’effetto Murgia”; la scrittrice sarda pur avendo ottenuto un successo personale  di tutto rispetto, forse non è stata votata dalle donne, si è disperso il consenso di genere e il nuovo Consiglio della regione nel 2014 può vantare la quasi totale esclusione della presenza femminile. Su 60 consiglieri eletti le rappresentanti del gentil sesso sono modestamente  4, con buona pace della pari opportunità e di  quella tanto attesa parità di genere rivendicata proprio dalle parlamentari del PD.

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